Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in persona  del
suo Presidente p.t., rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale
dello Stato, per la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale
della Legge Regionale della Valle d'Aosta n. 5 del 25  febbraio  2013
(pubblicata nel BUR n. 11 del 12 marzo 2013)  recante:  Modificazioni
alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12 (Principi e  direttive  per
l'esercizio dell'attivita' commerciale). 
    Nella seduta del 18 aprile 2013 il  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ha  approvato  la
determinazione di impugnare  dinanzi  alla  Corte  costituzionale  la
legge della Regione Valle d'Aosta n. 5 del 25 febbraio 2013, recante:
Modificazioni alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12  (Principi  e
direttive  per  l'esercizio  dell'attivita'  commerciale)   come   si
argomenta e si deduce qui di seguito. 
 
                            D i r i t t o 
 
    La legge regionale su presenta diversi profili di  illegittimita'
costituzionale. 
    Si premette che l'art. 3,  comma  1,  lettera  a)  dello  Statuto
attribuisce alla Regione autonoma Valle d'Aosta potesta'  legislativa
di integrazione e di  attuazione  delle  leggi  della  Repubblica  in
materia di commercio; il che, ai sensi del richiamato  art.  2,  deve
comunque esplicarsi nel rispetto della Costituzione  e  dei  principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nonche'  degli  obblighi
Internazionali. 
    Inoltre, in applicazione della clausola di equiparazione  di  cui
all'art. 10 della legge Costituzionale n. 3 del 2001, ai sensi  della
quale le disposizioni  del  nuovo  Titolo  V  della  Costituzione  si
applicano anche alle Regioni ad autonomia speciale per  le  parti  in
cui prevedono «forme di autonomia piu' ampie rispetto a  quelle  gia'
attribuite», alla  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  deve  ritenersi
attribuita la competenza residuale in materia di  commercio  in  base
all'articolo 117, comma 4, della Costituzione. 
    La Corte costituzionale ha di recente chiarito, con la  sent.  n.
299/2012 che «dalla natura "trasversale" della  competenza  esclusiva
dello Stato in materia di tutela  della  concorrenza  deriva  che  il
titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in  materia  di
commercio non e' idoneo ad impedire il pieno esercizio della suddetta
competenza statale e che  la  disciplina  statale  della  concorrenza
costituisce un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono
adottare in altre materie di loro competenza». 
    Cio' premesso,  alcune  norme  della  legge  regionale  in  esame
risultano eccedere dalle competenze statutarie,  in  quanto  invasive
della  competenza  legislativa  in   materia   della   tutela   della
concorrenza che l'articolo  117  secondo  comma,  lettera  e),  della
Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato. 
    In particolare: 
        1) L'art. 2 inserisce, dopo l'art. 1, comma  1,  della  legge
regionale n. 12/1999, il comma I-bis, ai sensi del quale  l'apertura,
il trasferimento e ampliamento di sede di nuovi esercizi  commerciali
non  possono  essere  assoggettati  ad  alcun  tipo  di   vincolo   o
contingente  numerico,  salvo  quando  siano  in  contrasto  con   la
normativa in materia di «tutela della  salute,  dei  lavoratori,  dei
beni  culturali,  del  territorio  e   dell'ambiente,   ivi   incluso
l'ambiente urbano, con particolare riferimento  alla  tutela  e  allo
sviluppo equilibrato dello spazio vitale urbano  ...  secondo  quanto
stabilito dal  piano  territoriale  paesistico  della  Valle  d'Aosta
(PTP)». 
    Il medesimo articolo 2 inserisce, inoltre un articolo 1-bis della
legge regionale n. 12/1999 che  attribuisce  alla  Giunta  regionale,
sentite  le  associazioni  delle  imprese  «esercenti  il   commercio
maggiormente rappresentative in  ambito  regionale»,  il  compito  di
individuare, sulla base  di  criteri  oggettivi  e  trasparenti,  gli
indirizzi per il conseguimento degli obiettivi di  «equilibrio  della
rete  distributiva,  in  rapporto  alle  diverse  categorie  e   alla
dimensione  degli  esercizi  con  particolare  riguardo  alle  grandi
strutture di vendita, tenuto conto  della  specificita'  dei  singoli
territori  e  dell'interesse  dei  consumatori  alla  qualita',  alla
varieta', all'accessibilita' e alla convenienza dell'offerta». 
    Le  norme  regionali  descritte  presentano  degli  elementi   di
criticita' dal punto di  vista  concorrenziale.  In  particolare,  il
nuovo art. 1-bis, e' suscettibile  di  reintrodurre  surrettiziamente
limiti all'accesso ed all'esercizio  di  attivita'  economiche  nella
misura in cui orienta la  determinazione  degli  indirizzi  da  parte
della  Giunta  Regionale  a  non  meglio  specificati  «obiettivi  di
equilibrio della rete distributiva» che dovranno tenere  conto  anche
dell'interesse   dei    consumatori    alla    qualita',    varieta',
accessibilita' e convenienza dell'offerta. 
    La genericita' del criterio al quale la Giunta  Regionale  dovra'
orientare  la  definizione  degli  indirizzi   generali,   lascia   a
quest'ultima  una  discrezionalita'  troppo  ampia,  suscettibile  di
tradursi nell'introduzione di vincoli  quantitativi  all'apertura  di
esercizi commerciali, non giustificati da esigenze  di  tutela  della
salute,  dei  lavoratori,  dei  beni  culturali  e  del   territorio,
richiamate dal comma I-bis dell'art. 1 della legge n. 12/1999. 
    Tale rischio appare ancor piu'  fondato,  in  considerazione  del
fatto che  la  Giunta  Regionale  definira'  gli  indirizzi  generali
coinvolgendo le  associazioni  di  imprese  piu'  rappresentative  in
ambito regionale. La partecipazione delle associazioni  di  categorie
rappresentative, per definizione, di interessi tipici degli operatori
gia' presenti sul  mercato  -  alla  determinazione  degli  indirizzi
regionali per il conseguimento degli obiettivi di  «equilibrio  della
rete distributiva», determinerebbe  quindi  l'elaborazione  di  linee
guida suscettibili di  ostacolare  ingiustificatamente  l'accesso  di
nuovi operatori al mercato.  La  norma  dunque  presenta  profili  di
incostituzionalita', nei limiti in cui e'  suscettibile  di  limitare
ingiustificatamente l'apertura di nuovi  esercizi  commerciali  e  di
medie e/o grandi strutture di vendita, in violazione dei principi  di
tutela della  concorrenza  e  del  mercato  e  quindi  in  violazione
dell'articolo 117, secondo comma lettera e) della Costituzione. 
    Va osservato che la  «tutela  della  concorrenza»  e'  una  delle
materie di rilievo strategico nel sistema di  riparto  di  competenze
tra Stato e Regioni. In tal senso si richiama la sentenza n.  14  del
2004 della Corte costituzionale con la quale si e' affermato  che  la
materia tutela della concorrenza «costituisce una  delle  leve  della
politica economica  statale  e,  pertanto,  non  puo'  essere  intesa
soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione
e ripristino di un equilibrio perduto, ma  anche  in  quell'accezione
dinamica, ben nota al  diritto  comunitario,  che  giustifica  misure
pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni  di  un
sufficiente  sviluppo   del   mercato   o   ad   instaurare   assetti
concorrenziali». 
        2) L'articolo 3,  sostituendo  l'articolo  3  della  l.r.  n.
12/1999, in tema  di  requisiti  di  accesso  e  di  esercizio  delle
attivita'   commerciali,    prescrive,    anche    per    l'esercizio
dell'attivita'   commerciale   relativa   al   settore   merceologico
alimentare effettuata nei confronti di  una  cerchia  determinata  di
persone, il possesso  di  uno  dei  requisiti  professionali  di  cui
all'articolo 71, comma 6, del d.lgs. n. 59/2010. 
    Al riguardo, si osserva che il sopra citato articolo 71 e'  stato
recentemente modificato ad opera dell'articolo 8 del d.lgs. 6  agosto
2012, n. 147,  recante  disposizioni  integrative  e  correttive  del
d.lgs. n. 59/2010, adottato in attuazione della Direttiva 2006/123/CE
relativa ai servizi nel mercato interno. 
    La nuova formulazione dell'articolo ha comportato che per effetto
della soppressione della locuzione «anche se effettuate nei confronti
di una cerchia determinata di persone», non e' piu'  obbligatorio  il
possesso di uno dei requisiti professionali elencati alle lettere a),
b) e c) del comma 6 dell'art. 71, nel caso di attivita' di vendita di
prodotti alimentari e di  somministrazione  di  alimenti  e  bevande,
effettuate  non  al  pubblico  ma  nei  confronti  di   una   cerchia
determinata di soggetti. 
    Si tratta, con riferimento all'attivita' di vendita, di  tutti  i
casi in cui la vendita e' effettuata con modalita'  o  in  spazi  nei
quali l'accesso non e' consentito liberamente (Spacci interni). 
    Pertanto, anche la previsione di cui al comma 5  dell'articolo  3
della legge regionale in esame si pone in contrasto  con  il  dettato
normativo  nazionale  preposto   alla   tutela   della   concorrenza,
configurando la violazione dell'articolo 117, secondo comma,  lettera
e) della Costituzione. 
        3) L'articolo 4 inserisce l'articolo  3-bis)  nella  l.r.  n.
12/1999 e disciplina gli orari di apertura e chiusura delle attivita'
di  commercio  al  dettaglio,  alla  luce  dell'intervenuta  modifica
dell'articolo 3, comma 1, lettera d-bis, del decreto-legge  4  luglio
2006, n. 223, ad opera dell'articolo 31, del d.l. 6 dicembre 2011, n.
201, convertito  dalla  legge  n.  214  del  22  dicembre  2011,  con
esclusione delle attivita' commerciali su area pubblica. 
    Al riguardo, in un'ottica pro-concorrenziale e in applicazione di
criteri equitativi, anche in favore delle  attivita'  commerciali  su
area pubblica e' applicabile il nuovo regime di cui  all'articolo  31
sopra citato. Seppure l'esercizio dell'attivita' di commercio su aree
pubbliche e' strettamente conciata all'uso di una proprieta' pubblica
e rientra quindi nella potesta' dell'ente locale stabilire  limiti  e
modalita' di utilizzo,  ai  fini  dell'applicazione  delle  norme  di
liberalizzazione  degli   orari,   eventuali   limiti   all'esercizio
temporale possono essere posti solo in applicazione  e  conformemente
ai principi  di  indirizzo  espressamente  richiamati  dal  comma  13
dell'articolo 28 del d. lgs n. 114/1998, come modificato dal comma  3
dell'articolo 70 del d.lgs n. 59/2010. Non risponde a  detti  criteri
porre limitazioni, ammissibili solo per  esigenze  di  sostenibilita'
ambientale o sociale, e non quando esse risultino legate a  verifiche
di natura economica  o  fondate  sulla  prova  dell'esistenza  di  un
bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato. 
    Pertanto, la previsione in discorso, per la parte in cui  esclude
dall'applicazione delle norme  di  liberalizzazione  degli  orari  di
apertura e chiusura delle le attivita' commerciali,  quelle  su  area
pubblica, si pone in contrasto con  il  dettato  normativo  nazionale
preposto alla tutela della concorrenza,  configurando  la  violazione
dell'articolo 117, secondo corvina, lettera e) della Costituzione. 
        4) L'art. 7, nel  sostituire  integralmente  l'art.  5  della
legge regionale n. 12/1999 rubricato «Medie  e  Grandi  strutture  di
vendita»,  introduce  l'obbligo  di  ottenere  un'autorizzazione  per
l'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie
di una media o grande  struttura  di  vendita,  nel  rispetto  «delle
determinazioni  assunte  nel  piano  regolatore   generale   comunale
urbanistico  e  paesaggistico  (PRG)  e  degli   indirizzi   di   cui
all'articolo 1-bis». 
    Il comma 4 del  succitato  articolo,  infine,  per  i  centri  di
vendita con superficie superiore a 1.500 metri quadrati, subordina il
rilascio dell'autorizzazione  al  parere  della  struttura  regionale
competente in  materia  di  commercio,  che  attesta  la  conformita'
dell'attivita'  oggetto  della  richiesta  agli  indirizzi   di   cui
all'articolo 1-bis, introdotto dall'articolo 2 della legge in  esame,
sopra censurato. 
    Anche  per  questa  norma  si  presentano  quindi   le   medesime
criticita' evidenziate sub.1,  considerato  che  la  prescrizione  e'
suscettibile di  limitare  ingiustificatamente  l'apertura  di  nuovi
esercizi commerciali e di medie e/o grandi strutture di  vendita,  in
violazione dei principi di tutela della concorrenza e del  mercato  e
quindi in violazione dell'articolo  117,  secondo  comma  lettera  e)
della Costituzione. 
        5) L'articolo 11, poi, pone il divieto, nei  centri  storici,
di apertura e trasferimento di sede di grandi strutture  commerciali.
Tale  divieto,  prescritto  in  via  assoluta  e  riferito  non  solo
all'ipotesi di apertura, ma addirittura  di  trasferimento  di  sede,
risulta eccessivamente restrittivo e, quindi, anticoncorrenziale,  in
violazione  dell'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  e)   della
Costituzione. 
    In sostanza, si deve  evidenziare,  come  tutte  le  disposizioni
della legge  impugnata  incidano  sulla  sfera  della  «tutela  della
concorrenza», di competenza esclusiva dello  Stato,  come  del  resto
gia' affermato dalla Corte nella sentenza n. 150 del 2011, laddove e'
affermato che «La materia della "tutela della  concorrenza",  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., non ha solo un ambito
oggettivamente individuabile che attiene alle misure  legislative  di
tutela in senso proprio, quali ad esempio quelle che hanno ad oggetto
gli atti e i comportamenti delle imprese (che incidono  negativamente
sull'assetto  concorrenziale  dei  mercati  e  ne   disciplinano   le
modalita' di controllo), ma, dato il suo carattere "finalistico",  ha
anche una portata piu' generale e  trasversale,  non  preventivamente
delimitabile,  che  deve  essere  valutata  in  concreto  al  momento
dell'esercizio della potesta' legislativa sia dello Stato  che  delle
Regioni nelle materie di loro rispettiva competenza». 
    La conformita' dell'intervento statale al riparto  costituzionale
delle competenze  dipende  strettamente  dalla  ragionevolezza  delle
previsioni legislative, sicche', ove sia dimostrabile  la  congruita'
dello strumento utilizzato rispetto  al  fine  di  rendere  attivi  i
fattori  determinanti  dell'equilibrio  economico  in  generale,   la
competenza legislativa dello  Stato  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost. non puo' essere negata. 
    Poiche', in  materia  di  apertura  degli  esercizi  pubblici  di
vendita al dettaglio, la molteplicita' di discipline a livello locale
in materia  non  puo'  che  produrre  distorsione  del  mercato,  con
evidente danno per l'utenza, le  profilate  censure  di  legittimita'
costituzionale sotto il profilo del riparto di competenze legislative
tra Stato e Regioni devono trovare accoglimento. 
        6) L'articolo 18,  infine,  prevede  che  varie  disposizioni
contenute nella medesima legge, comprese quelle che  inaspriscono  le
sanzioni   amministrative   conseguenti   a    violazioni,    trovano
applicazione anche nel caso di procedimenti in  corso  alla  data  di
entrata in vigore della legge stessa. 
    Tale previsione, pertanto, si pone in contrasto con il  principio
generale del  tempus  regit  actum  che,  nel  diritto  sanzionatorio
amministrativo, comporta che la  sanzione  da  irrogarsi  sia  quella
applicabile sulla base della  norma  vigente  nel  tempo  in  cui  fu
commesso l'illecito, sia in ipotesi di  previsione  piu'  sfavorevole
che favorevole, in cio' violando l'art. 25  e  l'art.  117,  comma  2
lettera I) della Costituzione con riferimento a quanto ribadito dalla
disposizione dell'art. 11 delle disposizione sulla legge in  generale
(preleggi) anteposte al Codice civile, in base al quale la legge  non
dispone che per l'avvenire.